Scipione nelle Spagne, Venezia, Marciana, autografo

 ATTO SECONDO
 
 Sala di arme.
 
 SCENA PRIMA
 
 2 CARDENIO, 3 TREBELLIO e poi 1 SCIPIONE
 
 TREBELLIO
 Prence, libero sei.
 CARDENIO
                                    Breve Grave disastro
570non minaccia per poco; e a Roma ignoto
 non è Cardenio.
 TREBELLIO
                                E pur lo toglie a’ ceppi
 di Scipio il cenno.
 SCIPIONE
                                    E di Tersandro Tersandro il voto. (Scipione sopragiugne)
 CARDENIO
 Quanti son tuoi nemici,
 tanti son tuoi trionfi. Ove non giugne
 la possanza del braccio, arriva il core.
 M’hai vinto, o duce, e con l’onor difeso
 e coi lacci disciolti. Altro non posso
575renderti in guiderdone
 che un grato ossequio, un’amistà fedele.
 SCIPIONE
 Vittoria a me più cara,
 perché men perigliosa e meno incerta.
 Nemico a forza vinto,
580nemico è ancora. In lui
 l’odio non muor, se ben la forza è doma;
  e se vinco così, più vinco a Roma.
 CARDENIO
 Ma quel Tersandro...
 SCIPIONE
                                         Attendi. Al campo, o fido, (Prima a Cardenio, poi a Trebellio)
 va’ tosto. I tuoi raccogli e Marzio osserva.
585L’alma conosco e torbida e proterva.
 TREBELLIO
 
    Minaccerà le sponde
 il torbido torrente
 ma non le inonderà.
 
    Che a l’impeto de l’onde
590un argine possente
 la fede e la costanza oppor saprà.
 
 SCENA II
 
 1 SCIPIONE, 3 CARDENIO e 2 LUCEIO
 
 SCIPIONE
 Vieni, Tersandro. Il prence
 eccoti in libertà. [illeggibile] Serbai la fede
 e due cori aquistai con un sol dono.
 LUCEIO
595E se libero egli è, tuo amico io sono.
 CARDENIO
 Generoso [illeggibile] Tersandro,
 sol tua virtude a mio favor ti mosse.
 Io per te nulla oprai; né di quel volto
 vestiggio alcun tengo ne l’alma impresso.
 LUCEIO
600A te anche ignoto era Luceio istesso.
 Io seco ognor pugnai.
 Quanto feci in tuo pro vien dal tuo merto.
 Chi ha sangue e petto ispano,
 non dovea tollerar fra’ ceppi avvinto
 te, de l’ispano regno,
 per fede e per valor, fregio e sostegno.
 SCIPIONE
 Cor non trovai de l’amor mio più degno.
 Vien Marzio. Udiamlo.
 
 SCENA III
 
 MARZIO e detti
 
 MARZIO
                                            Un disperato amore (Marzio si mette tra Scipione e Lu Cardenio)
 mi trasse, o duce, oltre oltra il dover ne l’ira.
 È ver. Perdona. Avea perduto Elvira.
 SCIPIONE
605Questa sola discolpa
 tolse molto al tuo error, molto al mio sdegno.
 Or discolpa maggior n’è il tuo rimorso.
 MARZIO
 Cardenio mi oltraggiò. Più non n’esigo
 la vendetta e ’l riparo.
610Godo che sciolto ei vada;
 e un fratello di Elvira ancor mi è caro.
 SCIPIONE
 In Marzio or sì ravviso un cor romano.
 MARZIO
 Ma non Marzio in Scipion. Benché si chiara
 la fama tua sta d’atre nebbie involta.
 SCIPIONE
615Come? Di che son reo?
 MARZIO
                                             Soffrilo; e ascolta.
 CARDENIO
 Che ardir!
 LUCEIO
                       Che sofferenza!
 MARZIO
 Sofonisba è ’l tuo amore, Elvira il mio.
 Questa è mia spoglia; e tuo possesso è quella.
 Sono pari gli affetti,
620pari le leggi. E pur mi è tolta Elvira,
 perché con l’amor mio la disonoro.
 Ma in tuo poter, benché tu n’arda amante,
 Sofonisba ritieni.
 E che! Forse non sale
 novo vapor da le tue fiamme istesse,
 tal che ne resta il suo candore offeso?
 So che puro è ’l tuo foco e che non entra
625in petto di Scipion vile disio.
 Ma non così ne parla
 l’ignaro vulgo, i più sublimi avvezzo
 nobili affetti a misurar dai suoi.
 Se giusto sei, se l’onor tuo ti è caro,
630se quel di Sofonisba
 giudica col rigore,
 con cui giudichi gli altri, anche te stesso,
 o di un caro possesso
 priva il tuo amore o ancor l’altrui consola.
635O con tua pena o a mio favor risolvi.
 O rendi Elvira o Sofonisba assolvi.
 SCIPIONE
 Rimprovero crudel! Dunque fia vero
 ch’io manchi al dover mio sol perché amante?
 Pena, o Scipion. Olà, qui Sofonisba.
 CARDENIO
 (Che sarà mai?)
 LUCEIO
                                 (Di te si tratta, o core).
 MARZIO
 (Pianga, se il mio non gode anche il suo amore).
 SCIPIONE
 
640   Povero core,
 s’ha da penar.
 
    Ma nel tuo stesso
 più fier dolore
 mostrar d tu dei
 che sei mio core
645tu [illeggibile] dei mostrar.
 
 SCENA IV
 
 SOFONISBA e detti
 
 SOFONISBA
 Eccomi al cenno. (Sofonisba si mette tra Luceio e Scipione)
 SCIPIONE
                                   Principessa, al primo
 folgorar de’ tuoi lumi arse quest’alma,
 ma di sì puro ardor che non ne abbiamo
 tu d’arrossir, né da pentirmi io mai.
 Crebbe a le tue ripulse,
 qual per onda gran fia fiamma, il mio bel foco;
650e amai la tua virtù sin con mia pena.
 A sì vampa serena
 oppon livida nube ombre funeste.
 Salvisi il tuo decoro
 e pera il mio piacer. Già da quest’ora
655libera ti dichiaro; e poiché il fato sorte
 al tuo Luceio amato
 invida ti rapì (soffri, alma mia)
 tuo sposo...
 LUCEIO
                                                            (Ahi! Che dirà?)
 tuo sposo...
 LUCEIO
                        (Ahi! Che dirà?)
 
 SCIPIONE
                                                         Cardenio sia.
 SOFONISBA
 Cardenio?
 LUCEIO
                       (O me infelice!)
 CARDENIO
                                                       (O me beato!)
 MARZIO
660(Generoso ei sarà ma sventurato).
 SCIPIONE
 Tersandro, di’, fia questo
 un oprar con so virtù? Biasmi od applaudi?
 LUCEIO
 (O dio! Che fo? Lodo o condanno? Il primo
 offende fa torto a Sofonisba e l’altro al giusto).
 SCIPIONE
665Benefico un tuo prence e stai sospeso?
 LUCEIO
 Signor, ti loda assai stupor che tace.
 (Nascesti, o cor, per non aver mai pace).
 SCIPIONE
 E tu, bella, che pensi? Assenti o nieghi?
 SOFONISBA
 (Che dir dovrò? Manco alla fé se assento,
670se niego a l’onor mio).
 SCIPIONE
                                           Pensosa ancora?
 MARZIO
 Perde in Scipion con pena un che l’adora.
 SOFONISBA
 (Voce che mi trafigge!)
 Scipio, sarò di chi m’impon la sorte.
 (Ma sarò di Luceio o pur di morte).
 SCIPIONE
675E tu, Marzio, in Scipione
 hai che più condannar?
 MARZIO
 Marzio ti ammira.
 Ma senti, ambo infelici
 tu senza Sofonisba, io senza Elvira.
 
680   Se non parto fortunato,
 parto almeno vendicato
 col pia piacer de le tue pene.
 
    Pena pur che peno anch’io,
 io per te senza il cor mio, [illeggibile]
685tu per me senza il tuo bene. (Parte)
 
 CARDENIO
 Quai grazie a te poss’io?...
 SCIPIONE
                                                  Prence, le devi
 tutte a Tersandro. Addio. (Se qui mi arresto
 con più lunghe dimore,
 vacilla la costanza e vince amore). (Parte)
 
 SCENA V
 
 2 SOFONISBA, 1 LUCEIO e 3 CARDENIO
 
 CARDENIO
690Bella, a la mia felicità non manca
 che il tuo consenso. Lascia
 che io vegga ne’ tuoi lumi un raggio amico.
 SOFONISBA
 Mirali; e in lor vedrai sol pianto e lutto.
 CARDENIO
 Il tuo estinto Luceio ancor t’ingombra
695l’anima innamorata.
 SOFONISBA
 E l’amerò dopo la tomba ancora.
 CARDENIO
 Ma che risolvi?
 SOFONISBA
                               O dio! Morir.
 CARDENIO
                                                          Cotanto
 a te dispiace...
 SOFONISBA
 Un [illeggibile]
 Deh! Non cercar di più. Lasciami in pace.
 CARDENIO
700Ma E tu, caro Tersandro, a che sì mesto?
 LUCEIO
 Tu sei solo mio duol, tu mia sventura.
 CARDENIO
 Intendo. A te dà pena
 che Sofonisba a me sia cruda e ria.
 Ah! Se brami ch’io sia
705lieto ne l’amor suo, sveglia in quel core
 per me qualche pietà. Fa’ che più lieta
 si appressi ad una face...
 LUCEIO
 Deh! Non cercar di più. Lasciami in pace.
 CARDENIO
 
    Partir e non languir
710non posso, o dol caro amico,
 non posso, o dolce amor.
 
    Pur se mirassi in voi
 pupille più tranquille,
 saria la vostra pace
715conforto al mio dolor.
 
 SCENA VI
 
 1 SOFONISBA e 2 LUCEIO
 
 SOFONISBA
 Fatta è la tua virtù comun sciagura.
 LUCEIO
 Sciagura esser non può, s’è da virtude.
 SOFONISBA
 La tua pietà, che tolse
 Cardenio a’ ceppi suoi, ci ne fa infelici.
 LUCEIO
720Ricusargli un soccorso era fierezza.
 SOFONISBA
 T’era però rivale.
 LUCEIO
                                                                 Al prence in lui,
 non al rival sovvenni.
 SOFONISBA
                                                                 A tua richiesta
 Scipio ne strinse il nodo.
 LUCEIO
 Ei credé di obbligarmi e mi diè morte.
 SOFONISBA
 Convenia di un rivale
 aver meno pietà.
 LUCEIO
                                  Fui generoso;
 e del mio ben oprar, cara, or ne sento
 dolor, non pentimento.
 SOFONISBA
725E puoi d’altrui mirarmi?
 LUCEIO
 Questo solo pensier basta a svenarmi.
 SOFONISBA
 Ma che far pensi?
 LUCEIO
                                    Oprar da forte; e quando
 abbia fisso il destin che tu non possa
 a l’amor mio serbarti,
730piagner, penar, morir ma sempre amarti.
 
    Se vuol la sorte
 che d’altri siate,
 bellezze amate,
 lo soffrirò.
 
    Ma con la fede
 che il cor vi diede,
 sino alla morte
 vi adorerò.
 
 SCENA VII
 
 SOFONISBA
 
 SOFONISBA
 O di amore o di onore
 crudelissime leggi! Aspri doveri!
 Ove mai mi traeste?
 Ne’ funesti sponsali uno perisce,
735l’altro è in periglio. Il mio consenso è un torto
 de la mia fede; e ’l mio rifiuto espone
 la mia fama al rossor ch’ami Scipione.
 Caro Luceio, irresoluta l’alma
 incontra corre, dovunque pieghi, al suo naufragio.
 
740   Così la navicella,
 che perde la sua stella,
 scherzo de’ sordi venti, errando vassi.
 
    Incerta del suo fato,
 lunge dal porto amato,
745forza è che rompa alfin tra scogli e sassi.
 
 Galleria che riferisce a vari appartamenti.
 
 SCENA VIII
 
 1 ELVIRA e 2 CARDENIO
 
 ELVIRA
 Tersandro!
 CARDENIO
                        Ei da Scipione
 mi ottenne libertà. Per lui mi è dato
 posseder Sofonisba. Ella è mia sposa.
 ELVIRA
 E Tersandro assentì?
 CARDENIO
                                         Vi applause e tacque.
 ELVIRA
750(Risorgete, o speranze).
 CARDENIO
 Ma di Tersandro al nome
 ond’è che impallidisci e ne sospiri?
 ELVIRA
 Più di quel che ne pensi alto è l’arcano.
 CARDENIO
 Siegui e m’apri il tuo cor.
 ELVIRA
                                                 L’amo, o germano.
 CARDENIO
755Che? Tu di regal [illeggibile] tralcio
 germe sublime in bassi affetti?...
 ELVIRA
                                                              Affrena
 i non giusti rimproveri. Non amo
 Tersandro in esso. Amo in Tersandro altrui.
 Amo nel finto il vero.
760Dirollo infine; amo Luceio in lui.
 CARDENIO
 Come? Luceio?
 ELVIRA
                               Il tuo rival, l’eccelso
 de’ Celtiberi prence, è desso, è desso.
 CARDENIO
 Morto non è? (Son di stupore oppresso).
 ELVIRA
 Vive l’invitto. Io ben più volte il vidi;
765e mi costò il vederlo
 riposo e libertà.
 CARDENIO
 Piacemi e ’l lodo. Piacemi Giovami e ’l lodo.
 Vanne e per me tutto confida e spera.
 ELVIRA
 Speme ch’è mio conforto o falsa o vera.
 
770   Sia bugiarda o sia verace,
 sempre piace
 una speme che lusinga.
 
    A disio ch’è tormentoso,
 ella è tregua od è riposo,
775rechi il bene o pur lo finga.
 
 SCENA IX
 
 2 CARDENIO e poi 1 LUCEIO
 
 CARDENIO
 Gran virtù se in Tersandro
 trovo il rival. Quanto opportuno ei giugne!
 LUCEIO
 (Ma se oprai con virtù, di che mi dolgo?)
 CARDENIO
 Non ti aggravi, o Tersandro, [illeggibile]
780se da cupi pensieri io ti distolgo.
 LUCEIO
 Prence, che mi si chiede?
 CARDENIO
 In A magnanimo petto
 non è ’l fregio minor l’esser sincero.
 LUCEIO
 Vile è chi niega il vero.
 CARDENIO
785Piacemi. Or di’. Ne l’ultimo conflitto
 Luceio non cadé?
 LUCEIO
                                   (Quale richiesta!)
 CARDENIO
 (Si turba).
 LUCEIO
                       Ei ne uscì illeso.
 CARDENIO
                                                       Entro Cartago
 ei spira in libertade aure di vita.
 LUCEIO
 Nol Io negar nol saprei. (Sono scoperto). Nol so negar.
 LUCEIO
 È ver. (Sono scoperto).
 CARDENIO
790Né langue in lui la fiamma
 che in sen per Sofonisba amor gli accese.
 LUCEIO
 Non può spegnerla in lui tempo né morte.
 CARDENIO
 (Ora, cor mio, sii generoso e forte).
 Ah principe! Ah Luceio! Il grado e ’l nome
795ben puoi mentir, l’alto valor non mai,
 che da l’opre, dal labbro e dal sembiante,
 quasi raggio per vetro, in te traluce.
 Tu sei Luceio, il grande eroe...
 LUCEIO
                                                         Più tosto
 di’ l’infelice e grande
800sol ne’ suoi mali.
 CARDENIO
                                  In questi
 non si conti il mio amor né l’odio mio.
 Mosso tu dall’innata
 tua nobiltà, me di catene hai tolto;
 per te Scipio mi cede
805il più de’ miei voti il più caro, anzi de’ tuoi;
 e a prezzo del tuo duol mi fa beato.
 Ma nol sarò. Già sveno
 così belle speranze al mio dovere.
 Sofonisba ricuso. Amarla io posso;
810più non posso accettarla. Ella è tuo merto;
 e tuo aquisto anche sia,
 in onta ancor d’ogni speranza mia.
 LUCEIO
 Cardenio, il solo bene
 che tormi non poté fortuna avversa
815era la mia virtù. Tu col gran dono
 mel vuoi rapir. Vil, se l’accetto, io sono.
 Godi pur... [illeggibile]
 CARDENIO
                                             No, del tuo
 magnanimo pensiero
 tu siegui il calle. Anch’io
820libero corro ove mi chiama il mio.
 LUCEIO
 Deh! Non voler...
 CARDENIO
                                  Giugne Scipione.
 LUCEIO
                                                                    O pene!
 Sin ne l’altrui virtude odio il mio bene.
 
 SCENA X
 
 1 SCIPIONE e detti 2 LUCEIO e CARDENIO
 
 CARDENIO
 Signor, la sconoscenza,
 segno è nota d’alma plebea, me non ingombri.
825Darmi ti piacque Sofonisba in sposa.
 Grande è ’l tuo don. L’amo e l’amai ma il tolgo
 al più tenero amante, ad un cui deggio
 quanto posso dover. Soffri la forza
 del mio rifiuto; e Scipio non si offenda
830che per mia gloria un suo favor gli renda.
 SCIPIONE
 (Che invitto core! In Sofonisba ei vede
 l’amor di Scipio; e solo
 per piacer d’esser grato a me la cede).
 Cardenio, ammiro onoro il nobil atto e l’amo;
835ma Scipion non ritoglie
 ciò ch’è già diede.
 CARDENIO
                                    Offrir tu ’l puoi; ma tutta
 è mia la libertà del ricusarlo.
 SCIPIONE
 Anche un rifiuto è offesa.
 CARDENIO
                                                 Il mio dovere
 ama più l’onor mio che il tuo piacere.
 LUCEIO
840(Contesa illustre!)
 SCIPIONE
                                    Amico,
 tu giudice ne sii. Che oprar dobbiamo?
 LUCEIO
 Risponderò qual deggio (e non qual bramo).
 L’onesto oprar libero è sempre; e fora
 l’impedirlo contrastarlo ingiustizia.
845Da generoso opra Cardenio e ’l muove
 la sua riconoscenza.
 Tu vietarlo non puoi puoi, perch’egli è grato;
 tu sdegnarti non puoi, perch’egli è giusto.
 Saria tua colpa amar ch’ei fosse ingrato.
850Saria tuo scorno impor ch’ei fosse ingiusto.
 SCIPIONE
 Resto convinto e ’l tuo rifiuto accetto.
 CARDENIO
 Ho vinto sì; ma ’l cor mi langue in petto.
 
    Se amerò senza speranza,
 con più merto anche amerò.
 
855   Non si pregi di costanza
 un amor che sperar può.
 
 SCENA XI
 
 1 SCIPIONE e 2 LUCEIO
 
 SCIPIONE
 Tersandro ecco in periglio.
 SCIPIONE
 La mia gloria e ’l mio core ecco in periglio.
 Sovvienmi, amico, e l’ tua amistà mi vaglia
 di ragione e di merto.
 LUCEIO
                                           In me costante
860ne troverai la ricordanza e l’opra.
 SCIPIONE
 Privo di Sofonisba,
 viver non posso. Il trattenerla è colpa.
 L’allontanarla è morte.
 Solo un nodo pudico essermi puote
865e discolpa e rimedio.
 LUCEIO
 (Che ascolto?)
 SCIPIONE
                             Ah! Per la nostra
 sacra amistà, tu che l’hai tolta a l’onde
 e che caro le sei, perché ti è grata,
 vanne e fa’ ch’io non provi
870l’onta e ’l rossor di un suo disprezzo.
 LUCEIO
                                                                    Io, duce?
 SCIPIONE
 Sì, confido al tuo zel l’alta mia sorte
 e mi reca, se m’ami, o vita o morte.
 LUCEIO
 (Anche questo, o destin?)
 SCIPIONE
                                                 Di’, che rispondi?
 LUCEIO
 Ubbidirti, o signor.
 SCIPIONE
                                      Caro Tersandro.
 
875   Vanne, convinci, priega
 quell’alma ria per me
 e di nemica mia falla mia sposa.
 
    Ma pria con questo amplesso
 prendi il mio core istesso,
880quel cor che tutto in te vive e riposa.
 
 SCENA XII
 
 LUCEIO
 
 LUCEIO
 O fede! O gratitudine! O amistade!
 Con qual impeto a’ danni
 del misero [illeggibile] amor mio tutte vi uniste?
 Pur non bastava. Il core
885doveasi armar contra il mio core istesso
 e farsi suo carnefice e tiranno.
 Per me sarà un rivale
 possessor del mio bene? Per me sia tratto,
 quasi vittima a l’ara, il mio bel nume?
890E potrò farlo? E lo promisi? E vivo?
 E del povero cor non ho pietade?
 O fede! O gratitudine! O amistade!
 
    Infedele, crudele ed ingrato
 mi dirà quel labbro amato
895e d’amor ne piagnerà.
 
    Ma pensando che fui generoso,
 troverò qualche riposo
 e la gloria il soffrirà.
 
 Giardini giardini giardini, a’ quali si scende da una gran loggia sopra la quale sono altri giardini.
 
 SCENA XIII
 
 MARZIO
 
 MARZIO
 Scipio sia generoso, io sono amante.
900La mia Elvira fra questi taciti qui spesso qui spesso il piè rivolge.
 La rapirò, la trarrò al campo ed ivi
 meglio custodirò ciò che è mio [mia spoglia] acquisto.
 Me l’ottenne il valor. Roma il concede;
 né può tormi Scipion la mia mercede.
 
905   Pensieri di amante,
 vi voglio più audaci.
 
    Di un vago sembiante
 sol l’alma ho ripiena;
 e quando sei pena,
910virtù, non [illeggibile] mi piaci.
 
 SCENA XIV
 
 1 SOFONISBA e poi 2 LUCEIO
 
 SOFONISBA
 
    Mi palpita nel petto
 d’insolito diletto
 il mio soave amor.
 
    Aure, anche voi potete
 qui risentir più liete
 la gioia del mio cor.
 
 Sì, respirate affetti, godi, o cor;
 sì, respirate affetti.
 Cardenio, egli poc’anzi
 ve ne accertò, l’infausto laccio infranse.
 LUCEIO
915Sofonisba, mio bene,
 decreta il cielo; e a noi soffrir conviene.
 Io tuo non posso; esser non puoi tu mia.
 SOFONISBA
 Eh! Più Cardenio il tuo dolor non sia.
 Sua più non sono.
 LUCEIO
                                    Men funesto e rio
920non è il nostro destino.
 SOFONISBA
 Chi ’l può turbar?
 LUCEIO
                                    Luceio.
 SOFONISBA
 Luceio è ’l mio conforto.
 LUCEIO
 Non dir così, quando sciagure apporto.
 SOFONISBA
 Sciagure? E tu le arrechi?
 LUCEIO
925Vuol così il ’l ciel. Così ’l dover l’impone.
 Esser dei... Lo dirò?... Sì... Di Scipione.
 SOFONISBA
 Io di Scipion?
 SOFONISBA
 LUCEIO
                             Di lui che t’ama, o cara,
 di lui che ti sospira e che n’è degno.
 È questo il tuo destin. Questo è ’l mio impegno.
 SOFONISBA
930Crudel! Tuo impegno ancora?
 LUCEIO
                                                         E te ne priego.
 SOFONISBA
 Taci. Volermi d’altri
 è un dir che non mi amasti e che non m’ami.
 È un creder ch’io non t’ami o t’ami poco.
 E pur t’amo e lo sai,
935quanto si puote amar.
 LUCEIO
                                           Lo so e ten chieggo
 l’ultimo testimon. Sii di Scipione.
 SOFONISBA
 Pria di morte sarò.
 LUCEIO
                                     Col tuo rifiuto
 che mi niega un piacer, più mi tormenti.
 SOFONISBA
 Tormento la virtù ma piaccio al core.
 LUCEIO
940Tirannico dove,r dove mi guidi?
 Senti. Sii di Scipione o qual io sono
 suo rival, suo nemico, a lui mi svelo.
 Sappia ch’io son Luceio e in tormi vita
 levi a’ suoi voti il più funesto inciampo.
 SOFONISBA
 O di te stesso e più di me tiranno
 fermati e mi permetti concedi un sol momento,
945perché almen fra due morti
 sceglier possa il mio cor la men crudele.
 Sacrificar qui deggio
 la tua vita o ’l mio amor. Deh! Per pietade,
 snuda l’acciaro e in questo sen l’immergi.
 LUCEIO
950(Intenerir mi sento).
 SOFONISBA
 In questo sen dove si chiude un core,
 pegno immortal di mio pudico amore.
 LUCEIO
 
    Pianti bei, voi m’uccidete
 ma da me poi non avrete
 che un inutile pietà.
 
    Forte l’alma in me vedrete
 e nel duol ma non potrete
 consigliarmi una viltà.
 
 Ecco Scipion. Luceio è risoluto.
 Sofonisba risolva. O cedi o parlo.
 SOFONISBA
955No... Digli... O dio!
 LUCEIO
                                     Che sua sarai.
 SOFONISBA
                                                                 Disponi
 di me qual brami. In sì martiri immensi
 ciò ch’io voglia non so né so ch’io pensi.
 
 SCENA XV
 
 SCIPIONE e i sopradetti. 1 SCIPIONE, 2 SOFONISBA e 3 LUCEIO
 
 Luceio in avanzarsi verso Scipione lascia Sofonisba e gli va incontro.
 
 SCIPIONE
 Incerto di sé stesso
 sta in pena l’amor mio. Tu ne decidi (Luceio resta in mezzo)
960l’ultima sorte, amico. (Luceio si avanza verso Scipione e Sofonisba sta come in disparte)
 LUCEIO
 (O dio!) Leggi, o signor, su quel bel volto
 la tua felicità. Tua è Sofonisba.
 SOFONISBA
 (Crudel!)
 SCIPIONE
                     Mia Sofonisba?
 SOFONISBA
 LUCEIO
 A’ miei prieghi, al tuo merto
965cedé quel core.
 SCIPIONE
                              Me fortunato!
 LUCEIO
                                                          Dillo,
 dillo tu stesso ancor, labbro amoroso; (A Sofonisba)
 chiamalo tuo signor; dillo tuo sposo.
 SOFONISBA
 (L’odo e non resisto?)
 SCIPIONE
                                           E sarà ver che alfine (Accostandosi a Sofonisba e Luceio sta un poco più indietro)
 Scipio a Luceio in quel bel cor succeda?
970Non mel tacer, non mi celar quegli occhi. (Sofonisba rivolge gli occhi ad altra parte, piangendo)
 E lascia che da loro
 quanto posso goder ne’ miei trabocchi.
 SOFONISBA
 Scipion... (Più dir non posso). (Sofonisba si volge a Scipione e poi fa lo stesso che prima)
 LUCEIO
                                                          (Ella mi accora
 ma si adempia il trionfo e poi si mora). (Luceio si mette in mezzo a Scipione e a Sofonisba)
 SCIPIONE
975Tersandro, onde quel pianto?
 Onde mai quel silenzio?
 LUCEIO
                                               A’ tuoi diletti
 non si oppone, o signor, che il suo Luceio
 SCIPIONE
 Luceio è morto.
 SOFONISBA
                                E tutta, (A Scipione)
 tutta m’empie di lui la sua memoria.
 LUCEIO
980No, di’ la fiamma sua. Vive quel prence.
 SCIPIONE
 Vive Luceio? (A Sofonisba)
 SOFONISBA
                            È vero (A Scipione)
 ma ne l’anima mia ch’era suo spirto.
 (Caro, non ti scoprir). (Piano a Luceio)
 LUCEIO
                                            Vive in Cartago, (A Scipione)
 anzi al tuo fianco e tu lo vedi e ’l senti.
 SCIPIONE
985Dove? Come?
 SOFONISBA
                             (O perigli!) Eccolo, o duce,
 in quest’occhi lo vedi, ancor ripieni
 de l’immagine sua. Ne’ miei lo senti
 mesti sospiri. (Abbi di me pietade). (Piano a Luceio. Scipione si mette in atto pensoso)
 LUCEIO
 Dover mi sforza. O corrispondi o parlo. (Piano a Sofonisba)
 SOFONISBA
990(Empia necessità!)
 SCIPIONE
                                      Dunque morranno (Come da sé)
 così le mie speranze? E Sofonisba,
 benché prieghi Tersandro, è ancora ingiusta.
 LUCEIO
 Che tardi più? Proconsolo di Roma... (Prima a Sofonisba, poi a Scipione)
 SOFONISBA
 (Ei si perde).
 LUCEIO
                            Io quel sono...
 SOFONISBA
995Quegli tu sei che a l’onde
 mi togliesti pietoso.
 D’alor nel tuo voler, ben mi sovviene,
 deposi il mio. Più non resisto contendo e serbo
 la data fede. Ei tua mi vuole, o duce,
1000e tua sarò.
 LUCEIO
                      (Son morto).
 SCIPIONE
 Care voci, voi siete il mio conforto [illeggibile].
 SOFONISBA
 Sì, tua sarò. Se poi verrà quel giorno (Prima a Scipione, poi a Luceio)
 che a te spiaccia, Tersandro, il fatal nodo,
 nodo che offende il tuo Luceio e ’l mio,
1005te sol ne accusa e di’: «Sofonisba era fida
 ed io in onta di amor, volli così».
 
    Se mai quell’alma amante
 si lagnerà di me,
 rigetterò su te la mia discolpa.
 
1010   Io le serbai costante
 amore e fedeltà,
 sinché la tua amistà si fe’ mia colpa.
 
 SCENA XVI
 
 1 SCIPIONE e 2 LUCEIO
 
 SCIPIONE
 Chi più lieto è di me? Fedele amico,
 quanto ti deggio!
 SCIPIONE
 Fedele amico Quanto ti deggio! Ad affrettar men vado
 del felice imeneo
1015le vittime e la pompa.
 LUCEIO
 Va’. (Il cor vien meno).
 SCIPIONE
                                             E tu, mio caro, alora
 ne accrescerai con la tua vista il pregio.
 Parmi sol nel tuo aspetto
 e più certo e più grande il mio diletto.
 
1020   Lieti amori,
 mirti e rose e i verdi allori
 intrecciatemi sul crine.
 
    Le soavi mi speranze
 a goder son già vicine.
 
 SCENA XVII
 
 2 LUCEIO e poi ed 1 ELVIRA
 
 LUCEIO
1025Hai più strali, o fortuna? Hai più sciagure...
 ELVIRA
 Principe... Non ti turbi
 che tu noto a me sia. Di Sofonisba
 spesso al fianco ti vidi.
 LUCEIO
                                            E ’l tuo bel volto
 non è straniero alle mie luci, Elvira.
 ELVIRA
1030So qual sei, qual ti fingi
 e ne morrei pria che tradir l’arcano.
 LUCEIO
 Né diffido di te.
 ELVIRA
                                Tu del germano
 sciogliesti le catene e ti son grata.
 LUCEIO
 Hai nobil cor.
 ELVIRA
                            Ma questo cor, sì, questo
1035di catena aggravasti
 più forte e più [illeggibile] pesante.
 LUCEIO
 Così fa perché grato.
 ELVIRA
                                        E perché amante.
 
 SCENA XVIII
 
 MARZIO e i sopradetti
 
 LUCEIO
 Amante?...
 MARZIO
                       (Ecco l’ingrata, (Si ferma in disparte)
 seco è Tersandro. Attenderò ch’ei parta).
 ELVIRA
1040Già da l’incaute labbra
 mi uscì l’arcano e ritrattar nol posso.
 T’amo.
 MARZIO
                (Che sento?)
 ELVIRA
                                          Ed a l’amor pudico
 fan coraggio e discolpa
 l’alto tuo merto ed il fraterno assenso.
 LUCEIO
1045(Che le dirò?)
 MARZIO
                             (L’odo? La soffro? E taccio?)
 ELVIRA
 Né mercé te ne chieggio. Il solo amarti a A la mia fede
 la gloria de l’amarti è assai mercede.
 MARZIO
 (Più resister non posso). Odi la bella
 inimica d’amor, come favella! (Marzio si pone nel mezzo)
 ELVIRA
1050(Aimè!)
 MARZIO
                   Ti udì, ti udì quel Marzio, ingrata,
 non dal tuo onor ma dal tuo basso affetto
 vilipeso e negletto.
 Ti udì tradir del tuo natal la gloria.
 Ti udì posporre a vil soldato e servo
1055l’alto imeneo di un cavalier romano.
 E questo è ’l tuo? Questo è l’onore ispano?
 ELVIRA
 Marzio, vile non è ciò ch’è mio voto.
 In quel Tersandro... (Ove trascorro?)
 MARZIO
                                                                     Siegui.
 ELVIRA
 (Tacciasi e non s’esponga
1060a periglio il mio ben).
 MARZIO
                                           Non hai difesa,
 o indegna del tuo grado e del mio amore.
 LUCEIO
 Marzio, tu indegno sei, tu mentitore.
 E quest’acciar vendicherà le offese (Dando di mano alla spada)
 di una real donzella.
 MARZIO
1065Su, principii da te la mia vendetta; (Facendo lo stesso)
 e nel tuo sangue, uom vile,
 trovi di che arrossir quell’alma ria. (Accennando Elvira)
 LUCEIO
 Non è facil trofeo la morte mia. (Si battono)
 
 SCENA XIX
 
 SCIPIONE e i sopradetti
 
 SCIPIONE
 Che miro? Olà! Cotanto
1070di mia bontà si abusa? (Scipione si mette in mezzo ai due [illeggibile])
 Contra un tribun l’ira si volge e ’l ferro?
 LUCEIO
 Questo ferro è tuo dono;
 né mi credea la prima volta in petto
 roman vibrarlo. A questa
1075necessità mi trasse
 il decoro di Elvira offeso a torto.
 MARZIO
 A torto? Odi e l’ibera
 virtù ammira, o Scipion. Costei, che altera
 ributtò le mie fiamme, a quelle avvampa
1080che le accese nel sen face plebea.
 Vedi, vedi in Tersandro
 il suo amatore, il mio rival. Lo nieghi,
 sel può, l’ingrata. Io qui l’udii né l’ira
 valsi a frenar.
 SCIPIONE
                            Tanta viltà in Elvira?
1085Parla.
 ELVIRA
              (Tacer mi è forza. Amor tiranno!)
 LUCEIO
 Io parlerò. Viva la fama, o duce,
 di vergine real. Viva anche a costo
 del sangue mio, de la mia vita istessa.
 Ama ELvira, il confesso;
1090ma quell’amor, che le riscalda il petto,
 non è indegno di lei. Sa qual si asconde
 nel mentito Tersandro illustre oggetto.
 Sa qual ei nacque e sa ch’ei nacque al trono.
 Sì, lo sa Elvira e seco
1095Marzio il sappia e Scipion. Luceio i’ sono.
 SCIPIONE
 Tu Luceio? Di Roma
 tu ’l fier nemico?
 MARZIO
                                  E se quel sei, fra poco
 ne pagherai la pena.
 ELVIRA
 (Egli l’onor mi difende salva e ’l cor mi svena).
 MARZIO
1100Signor, questo cotesto è ’l vanto
 de l’ispano valor, mentir sé stesso;
 ma se impunito al fianco
 vorrai soffrire il tuo nemico e ’l nostro,
 Roma nol soffrirà. Vanno anco inulte
1105mille e mille del Lazio ombre guerriere
 per lui cadute. Al campo
 vuolmi il mio zelo e la comun vendetta.
 Rompa Tronchisi ogni dimora
 e si acclami colà, Luceio mora. (Parte furioso)
 
 SCENA XX
 
 1 SCIPIONE, 3 LUCEIO ed 2 ELVIRA
 
 SCIPIONE
1110Tanto ardisti, o Luceio?
 LUCEIO
                                              In che mi accusi?
 ELVIRA
 (Preservatelo, o dei!)
 SCIPIONE
                                         Nome e fortuna
 mentir nemico? Entrar nel roman campo?
 Nelle stesse mie stanze?
 LUCEIO
 Ma nulla oprai di che temere io possa,
1115di che tu condannarmi.
 SCIPIONE
 Star mio rivale, a lato
 di Sofonisba?
 LUCEIO
                            Anche rival, ti [illeggibile] apersi
 strada in quel core e tua la feci.
 ELVIRA
                                                           (O caro!)
 SCIPIONE
 Perché cederla a me?
 LUCEIO
                                          Perché amar deggio
1120più di lei la mia gloria e ’l mio dovere.
 SCIPIONE
 (Somma virtù che fa arrossir la mia!)
 Vanne. Fuor de la reggia
 non trarre il piè. Colà ben tosto udrai
 ciò che Scipio risolva.
 LUCEIO
1125Qualunque sia del tuo voler la legge, (A Scipione)
 vedrai sempre Luceio,
 e me ne assolva l’amor tuo pudico, (Ad Elvira)
 fedele amante e generoso amico. (A Scipione)
 
    Tra un amico ed un amante
1130sino a l’ultimo respiro
 il mio cor dividerò.
 
 
    E spergiuro od incostante,
 non l’onore e non l’amore
 per viltà mai tradirò.
 
 SCENA XXI
 
 SCIPIONE ed ELVIRA
 
 ELVIRA
1135A difesa del misero Luceio
 qui ti parli, o signor...
 SCIPIONE
                                          No principessa,
 non ti è noto Scipion. Vedrà oggi il mondo
 qual egli siasi. Io farò sì che resti
 del fatale amor mio chiara memoria;
1140né mi sarà Luceio
 più rival ne l’affetto e ne la gloria. (Parte)
 ELVIRA
 
    Fremo, pavento, aggiaccio,
 m’occupa orrore e spasimo
 nel rischio del mio ben.
 
1145   Anima, core, spiriti,
 se per destino barbaro
 con lui non si può vivere,
 per lui morir convien.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 Ballo di diversi lavoratori del giardino.